Ci sono mattine in cui ti manca la forza di alzarti dal letto.
Il mondo sta girando al contrario e non hai per niente voglia di farlo correre nel verso giusto.
Milioni di cose ti attendono: un lavello poeno di piatti da lavare, corde di roba stesa da piegare, vestiti sporchi dq lavare, oranzi e cene da preparare.
Ma il corpo duole ed è pesante. Non riesci a trovare la forza di alzarti e di metterti all'opera.
Tutto fa schifo.
Vorresti urlare al mondo che necessiti di aiuto ma le parole ti soffocano dentro e non sai neanche a chi rivolgerti.
Non rimane che piangere.
Aspettando di ritrovare la forza in te stessa.
Sperando che non si sia definitivamente persa.
Il fascino della venere di Milo di esemplifica, a mio avviso, in quest'opera di Dalì. Dalì riproduce la Venere inserendo dei cassetti nella testa, nei seni, nella pancia e su un ginocchio. Aggiunge ai cassetti un pomello di pelliccia che ci invita ad accarezzarlo per rinvigorire la sessualità repressa dalla diffusa morale cristiana. I cassetti sarebbero i nostri segreti più intimi che solo oggi la psicoanalisi è in grado di aprire. Ma secondo Breton i significati sarebbero altri e per i dadaisti non significa semplicemente niente, anzi qualcuno suppone che ci sia lo zampino di Duchamp in questa opera di Dalì...
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