Il primo funzionava meglio dal punto di vista della scrittura, correva via meglio, questo l'ho trovato puù farraginoso, ed è anche cambiata la struttura del libro, alcuni capitoli parla Ella in Prima Persona, altri parla Reed. Il finale è piuttosto sconvolgente e non lascia scelta, bisogna avere Paper Palace a portata di mano. Devo dire che succedono alcune cose che lasciano un po' il tempo che trovano, che vorresti lasciare lì la lettura e dire, va beh dai... però dovevano pur inventarsi qualcosa per non fare un libro uguale ad un altro. Però non lo nascondo mi piacciono.
Il fascino della venere di Milo di esemplifica, a mio avviso, in quest'opera di Dalì. Dalì riproduce la Venere inserendo dei cassetti nella testa, nei seni, nella pancia e su un ginocchio. Aggiunge ai cassetti un pomello di pelliccia che ci invita ad accarezzarlo per rinvigorire la sessualità repressa dalla diffusa morale cristiana. I cassetti sarebbero i nostri segreti più intimi che solo oggi la psicoanalisi è in grado di aprire. Ma secondo Breton i significati sarebbero altri e per i dadaisti non significa semplicemente niente, anzi qualcuno suppone che ci sia lo zampino di Duchamp in questa opera di Dalì...
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