I testi della letteratura giapponese mi lasciano sempre interdetta. Non so se mi sono piaciuti oppure no. LA scritture è asciutta e generalmente è quello che amo trovare nei testi occidentali. Ma in questi testi è anche asciutto l'aspetto sentimentale. Non ci sono eccessi, tutto è misurato. Forse questa grandissima misura è la cosa che mi lascia perplessa. Questo libro l'ho letto con grande piacere, anche se mancano slanci passionali, anche se tutto è misurato, trattenuto.
Il fascino della venere di Milo di esemplifica, a mio avviso, in quest'opera di Dalì. Dalì riproduce la Venere inserendo dei cassetti nella testa, nei seni, nella pancia e su un ginocchio. Aggiunge ai cassetti un pomello di pelliccia che ci invita ad accarezzarlo per rinvigorire la sessualità repressa dalla diffusa morale cristiana. I cassetti sarebbero i nostri segreti più intimi che solo oggi la psicoanalisi è in grado di aprire. Ma secondo Breton i significati sarebbero altri e per i dadaisti non significa semplicemente niente, anzi qualcuno suppone che ci sia lo zampino di Duchamp in questa opera di Dalì...
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