In questi giorni è salita la febbre per la stazione spaziale. Ogni sera abbiamo degli orari in cui ci appostiamo ad una delle finestre di casa per vedere il suo passaggio. È luminosa e solca il cielo velocemente, e ci piace un sacco scovarla, a volte con l'aiuto dell'IPad e salutare gli astronauti dalla terra.
Il fascino della venere di Milo di esemplifica, a mio avviso, in quest'opera di Dalì. Dalì riproduce la Venere inserendo dei cassetti nella testa, nei seni, nella pancia e su un ginocchio. Aggiunge ai cassetti un pomello di pelliccia che ci invita ad accarezzarlo per rinvigorire la sessualità repressa dalla diffusa morale cristiana. I cassetti sarebbero i nostri segreti più intimi che solo oggi la psicoanalisi è in grado di aprire. Ma secondo Breton i significati sarebbero altri e per i dadaisti non significa semplicemente niente, anzi qualcuno suppone che ci sia lo zampino di Duchamp in questa opera di Dalì...
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