Dopo giorni e giorni e continui rimandi oggi ci siamo trasferiti in casa della nonna in modo che nel nostro appartamento possano avere inizio i lavori di ristrutturazione.
Sono qui da nemmeno 6 ore e vorrei tornarmene a casa mia. Casa mia è silenziosa... nom sembra nemmeno di abitare in centro città. Qui invece siamo su una via trafficata, e si sente il rumore della strada e del treno. I vicini di casa poi sono rumorosi prima volavano di quei "va a fare in culo" snocciolati uno dopo l'altro come le ave Maria in un rosario. Non sono abituata a questo.
Poi mi manca il parquet. Sono abituata a stare sempre scalza e qui invece non ci riesco. Il pavimento è freddo e davvero non riesco. La casa è fredda tutta. Mi andrò a prendere i pigiami di pile che in casa mia non ho mai usato.
Non so quanto dovremo stare qui.
Tre mesi almeno. Oggi è il 7 dicembre quindi non me ne vado prima del 7 marzo, ma sono pessimista. Secondo me rimango fino a giugno.
La casa è grande e spaziosa. Ci siamo portati dietro poche cose ma mi manca il calore dei libri, la mia roba. I mei oggetti personali stanno in una borsa della spesa. Mi sento un po' nuda in questa casa.... come se fossi in vacanza, ma anche no.
Incrociamo le dita e speriamo duri il meno possibile.
Il fascino della venere di Milo di esemplifica, a mio avviso, in quest'opera di Dalì. Dalì riproduce la Venere inserendo dei cassetti nella testa, nei seni, nella pancia e su un ginocchio. Aggiunge ai cassetti un pomello di pelliccia che ci invita ad accarezzarlo per rinvigorire la sessualità repressa dalla diffusa morale cristiana. I cassetti sarebbero i nostri segreti più intimi che solo oggi la psicoanalisi è in grado di aprire. Ma secondo Breton i significati sarebbero altri e per i dadaisti non significa semplicemente niente, anzi qualcuno suppone che ci sia lo zampino di Duchamp in questa opera di Dalì...
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