Ho faticato molto a leggere questo libro, soprattutto perchè l'argomento centrale del romazo mi riguarda molto da vicino e proprio sull'abbandono del padre non ho voglia di riflettere in nessun modo. Leggere questo libri la sera mi procurava incubi, per cui dovevo leggerlo di giorno, in momenti di quiete. LA lettura mi agitava e mi portava dove consciamente non vado mai. L'immedesimazione con la protagonista è stata totale, anch'io ho incontrato i miei fantasmi, solo che io non ho modo di liberarmente come, alla fine, lei riesce. O almeno spero, perchè il gesto che compie è sì liberatorio, ma visto che il romanzo si conclude non so davvero se sia stato totalmente liberatorio, o solo in parte.
Il fascino della venere di Milo di esemplifica, a mio avviso, in quest'opera di Dalì. Dalì riproduce la Venere inserendo dei cassetti nella testa, nei seni, nella pancia e su un ginocchio. Aggiunge ai cassetti un pomello di pelliccia che ci invita ad accarezzarlo per rinvigorire la sessualità repressa dalla diffusa morale cristiana. I cassetti sarebbero i nostri segreti più intimi che solo oggi la psicoanalisi è in grado di aprire. Ma secondo Breton i significati sarebbero altri e per i dadaisti non significa semplicemente niente, anzi qualcuno suppone che ci sia lo zampino di Duchamp in questa opera di Dalì...
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