Tornando dal mare siamo finiti nel discorso "guerra" perché avevo chiesto a mia mamma un'approssimativa data di nascita e di matrimonio di mio bisnonno per capire come potesse vivere nel 1914. Allora era un 16enne che guardava con apprensione lo scoppio della guerra. Ho cercato di immaginarmi l'arruolamento e anche la prigionia in Germania. Allora Vittoria mi ha chiesto di fare un tema sulla sua famiglia da poter portare a scuola. Allora gli ho detto di cominciare dai suoi nonni e in particolare da mio padre che in un certo senso ha anche lui combattuto una guerra. .. quella fredda.
Quindi ho cercato di spiegarle cos'è una guerra fredda. Solo che non ci sono riuscita. E dovremmo ritornarci sopra. Le ho spiegato del muro di Berlino e lì ci siamo persi in mille discorsi sulla libertà. Secondo Vittoria una guerra si può combattere con le mani, con le bombe, ma non con il freddo. Le ho spiegato che il freddo in qualche modo è sinonimo di paura ma mentre ci addentravamo nei meandri della paura abbiamo incontrato una mia collega e la magia dell'attenzione è svanita. Erano le 17.45 e l'inizio della partita incombeva e il pensiero della partita ha spodestato la storia.
Grazie al cielo nel 1972 non ero ancora nata.Ma oggi nel 2019 questo ritaglio della Stampa che ho trovato su Facebook mi fa indignare. Come si può accettare uno slogan pubblicitario tale? Maschilista, sessista, che riduce la donna ad oggetto? Addirittura C O L P E V O L E della sua forma fisica? Ma che mondo è quello in cui una persona, non solo una donna deve sentirsi COLPEVOLE della sua forma fisica? Quanti danni avrà causato a suo tempo questo slogan? Quante donne si saranno sentite in difetto, manchevoli e colpevoli di una copla che non esisteva? Ho solo domande e nessuna risposta.
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