Quando sono stata a Santa Teresa di Gallura ho trovato questo libro esposto ovunque e la tentazione di leggerlo era troppo grande. Quando trovo un libro che mi chiama devo assolutamente leggerlo. Non ricordavo niente di Grazia Deledda, sapevo solo che era sarda e che aveva vinto il premio nobel per la letteratura. Ingenuamente ho pensato che il libro fosse ambientato a Santa Teresa oppure che la Deledda fosse originaria proprio di quel paese, ma non ho trovato notizie in merito. L'unico luogo riconoscibile che viene citato nel testo è Nuoro e le notizie che ho della Deledda è che si sposta tra Nuoro, Cagliari e poi Roma. Comunque è pur sempre orgoglio regionale perchè vincitrice di Nobel e grande scrittrice sarda.
Tornata a casa dalla vacanza ho deciso di leggerlo, perchè non lo avevo mai fatto.
In questo periodo sto riprendendo in mano molti "classici" che mancano alla mia educazione letteraria e alcuni mi paiono una vera scoperta, altri...
Dal punto di vista antropologico mi è piaciuto un sacco, racconta di un tempo perduto e tradizioni andate, ma devo ammettere che dal punto di vista prettamente narrativo non mi ha presa particolarmente.
Nel 1958 ne è stata fatta una trasposizione cinematografica, ne ho visto i primi 10 minuti, poi mi sono arresa, molta muisica, campi larhissimi, primissimi piani... sono abituata al cinema odierno più dinamico e veloce, certi indugi non li sopporto proprio. Poi il film esordisce con quello che nel libro viene svelato per intero solo verso la fine, togliendo il piacere della costruzione narrativa del romanzo. Anzi viene aggiunto un piccolo particolare sulla morte del padre delle donne che nel libro non viene affatto così. Quindi ho smesso di vederlo dopo soli 6 minuti, troppo pochi per giudicare è vero, ma a me sono parsi abbastanza.
Tornata a casa dalla vacanza ho deciso di leggerlo, perchè non lo avevo mai fatto.
In questo periodo sto riprendendo in mano molti "classici" che mancano alla mia educazione letteraria e alcuni mi paiono una vera scoperta, altri...
Dal punto di vista antropologico mi è piaciuto un sacco, racconta di un tempo perduto e tradizioni andate, ma devo ammettere che dal punto di vista prettamente narrativo non mi ha presa particolarmente.
Nel 1958 ne è stata fatta una trasposizione cinematografica, ne ho visto i primi 10 minuti, poi mi sono arresa, molta muisica, campi larhissimi, primissimi piani... sono abituata al cinema odierno più dinamico e veloce, certi indugi non li sopporto proprio. Poi il film esordisce con quello che nel libro viene svelato per intero solo verso la fine, togliendo il piacere della costruzione narrativa del romanzo. Anzi viene aggiunto un piccolo particolare sulla morte del padre delle donne che nel libro non viene affatto così. Quindi ho smesso di vederlo dopo soli 6 minuti, troppo pochi per giudicare è vero, ma a me sono parsi abbastanza.
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