Lo scorso anno, quando impacchettavo i miei libri prima del trasloco, trovai tutti i miei testi di letteratura Romanza, che tanto avevo amato e avevo avuto nostalgia dell'università, ma anche di quelle storie cavalleresche che non avevo mai più avuto il piacere di leggere.
Ho iniziato a leggere questo libro per caso e mi sono da subito appassionata alla storia per questo motivo.
La storia è ambientata all'epoca delle Crociate contro gli infedeli, come i miei amati libri di letteratura romanza che non leggevo da tempo. La storia, non tratta unicamente come quelli, l'amor cortese, ma si sviluppa intorno a due personaggi antitetici: Agilulfo, cavaliere dall’armatura vuota, che esiste solo attraverso la forza di volontà e la coscienza, e Gurdulù, che esiste ma che è privo di coscienza, e che diventerà nel corso delle vicende lo scudiero del protagonista. Intorno a queste due figure ruotano gli altri personaggi, attraverso i quali viene sviluppata la narrazione.
Certo non è questo il luogo per una dissertazione completa su questo testo e su tutti i suoi risvolti, ma volevo focalizzare invece la mia reazione a questo testo. Lo ammetto, Calvino non è mai stato uno dei miei autori preferiti, diciamo che l'obbligo scolastico me lo ha fatto sottovalutare e in qualche modo odiare. L'ho analizzato solo al Liceo, all'università non c'era tempo per i grandi, ci si soffermava sui piccoli, dando per scontato che qualcuno me ne avesse parlato a sufficienza, o fossi stata io stessa ad approfondire.
L'incontro di questi ultimi mesi che ho avuto con Calvino è stato illuminante, me lo ha fatto riscoprire, me lo ha messo sotto una luce diversa. Anche Umberto Eco nella prefazione dei promessi sposi da lui semplificata per i Bambini scriveva e sosteneva che l'obbligo scolastico ci acceca, non ci fa vedere il vero valore delle opere letterarie. Questo vale per i mattoni d'obbligo come Promessi Sposi, Divina Commedia, ma anche per altre pietre miliari della letteratura italiana come Calvino.
I miei interessi mi portano spesso oltreoceano per quanto riguarda i romanzi, ma forse dovrò ricominciaqre a guardarmi vicino per riscoprire grandi narratori italiani che ho perso di vista come ho fatto per Bassani, Cassola, Pavese e ora Calvino.
Questo romanzo di Calvino viene ad affiancarsi a 'Il visconte dimezzato'
e a 'Il barone rampante', compiendo una trilogia di emblematiche
figure, quasi un albero genealogico di antenati dell'uomo contemporaneo.
Stavolta Calvino si è spinto più a ritroso nei secoli e il suo romanzo
si svolge tra i paladini di Carlomagno, di quel Medioevo fuori d'ogni
verosimiglianza storica e geografica che è proprio dei romanzi
cavallereschi.
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