Ho trovato questo libro sulla bancarella dell'usato e ne sono stata attratta da subito.
Peccato che il contenuto mi abbia lasciata delusa.
Non ha una trama vera e propria, sono una serie di racconti brevi, anzi no, dei flash su momenti di un viaggio in India in cui narra quello che vede infarcendolo con nozioni letterarie occidentali e filosofiche indiane da cui comunque mantiene un certo distacco e disincanto.
Letto subito dopo l'Alchimista di Coelho ha un sapore diverso, anzi propina una filosofia opposta, una filosofia per cui io non nutro nessun interesse, una filosofia che proprio non mi piace, fondata sull'uno e sull'indipendenza da ogni cosa del mondo.
Per creare il nostro senso critico sono dell'idea che bisogna conoscere, ho conosciuto e posso dire che per ora certe cose non mi interessano.
Una donna, accompagnata dal fedele Ayyappam, percorre la patria del Buddha svuotata delle certezze dell'Occidente e alla ricerca di un nuovo senso dell'esistenza. Dalla giungla del Periyar a Benares, dal favoloso parco dei templi di Khajuraho a Bombay, da Pondicherry all'agognato incontro con Sai Baba, da Cochin a Sarnath, da Matangesvara alla città-utopia di Auroville, Sandra Petrignani descrive le tappe simboliche di un viaggio che ci restituisce tutto il fascino dell'India, innanzi tutto la vertigine che, nel "paese dell'anima", afferra il viaggiatore occidentale "nell'abbandonare la presa, nel lasciarsi spogliare di tutto, nel diventare agnello". E, parallelamente alla descrizione reale dei luoghi, si confronta con le mille stratificazioni culturali, da Kipling a Hesse, da Henri Michaux a Pasolini, da Manganelli a Tabucchi, a Moravia che hanno creato un'India parallela, un'India dell'immaginario altrettanto reale di quella vera. Ricognizioni, colloqui, insegnamenti, cedimenti, attese, impressioni, sensazioni, rimpianti, immagini terribili e lievi, il libro è un intreccio di riflessione letteraria e reportage.
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