In questi ultimi tempi mi è venuta la scimmia per Pavese. Ho ripreso in mano diversi suoi libri e li ho letti con grande trasporto perché mi ricordano in qualche modo i racconti dei miei nonni, perché attraverso i suoi romanzi in qualche modo li rivedo. Le vicende sono così simili allora loro vita che mi pare di averli vicini.
Poi la lingua, la lingua usata da Pavese ulna come un canto, una poesia. Un'italiano corretto, con un lessico vario, frasi semplici e ben costruite. Leggendo molti libri tradotti e molti young adult, in questo momento sento il bisogno di un italiano corretto e affascinante, allo stesso tempo evocativo di immagini ed emozioni.
Questo libro è piccolo ed agevole. Regala un paio d're di grandi emozioni lessicali e grammaticali, leggere per provare.
Tra le amare baldorie paesane in Piemonte e l'oziosa vita di spiaggia in Liguria, prendono corpo, in questo romanzo pubblicato nel 1942, i temi della narrativa pavesiana: l'amicizia, le radici, le descrizioni di paesaggi indimenticabili. Doro si è sposato, ha lasciato Torino per Genova e da troppo tempo non vede un suo vecchio amico, un professore piú che trentenne. Ma in un giorno d'estate, Doro ritorna. A quanto dice, gli è semplicemente venuta voglia di rivedere il suo paese, eppure l'amico di un tempo non gli crede: lo accompagna per i luoghi della loro giovinezza e intanto prova a scavare sotto quella scorza taciturna ed evasiva, alla ricerca di un dramma intimo. Il professore continuerà a cercare quel dramma anche quando seguirà Doro al mare, e soprattutto quando incontrerà la moglie del suo amico, Clelia: una donna volubile e affascinante. Troppo forse, perché il suo matrimonio funzioni. Un romanzo intenso e malinconico sui misteriosi e ambigui sentimenti che lasciano gli individui soli dinanzi al loro ineluttabile destino.
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