La letteratura italiana del secondo novecento è piena di sorprese, specialmente perchè è poco praticata nelle scuole, direi saltata a piè pari. A scuola quando arrivi a Montale è festa grande e anche nelle antologie Pavese, Levi e Bassani sono abbastanza esplorati come Calvino, ma gli altri.... stendiamo un velo pietso. Una volta il secondo bovecento e la letteratura straniera erano esplorati nel biennio, oggi nelle antologie c'è largo spazio ad autori viventi e al genere Fantasy così certe perle finiamo con il non conoscerle per niente.
Ho una lista di libri da esplorare e ora che sono adulta li apprezzo anche, specialmente poi se mi catapultano in una specie di cineforum personale dove prima leggo il libro e poi il film. Inutile dire che anche in questo caso c'è un film di Monicelli con MAriangela Melato che vedrò al più presto.
Il libro è molto bello, anche se non proprio facile da leggere, lo Stile di NAtalia Ginzburg è colloquiale e familiare, lontano dall'italiano corretto e asettico che prediligo, ma uno stile molto personale, familiare, che la contraddistingue.
Alle lettere scritte a Michele o di Michele stesso si alternano piccole parti in prosa, per collocare meglio gli eventi. Michele non rivela mai niente di se, i suoi familiari ne hanno quasi un'idea distorta. Sono curiosa di vedere la trasposizione cinematografica, me ne sono fatta un'idea precisa e in qualche modo so che ne rimarrò delusa.
«Caro Michele»: il piú classico degli incipit epistolari è quello che Natalia Ginzburg sceglie come titolo del suo romanzo. Una madre già avanti negli anni ma ancora giovane e un figlio lontano fisicamente e ancor piú (e soprattutto) distante nelle idee, nelle esigenze, negli affetti e nei dolori. Un figlio per il quale la madre prova rancore, ma dal quale non riesce a staccarsi; e l'ultimo, irrescindibile cordone ombelicale è fatto di sole lettere.
Sorta di Lessico famigliare dieci anni dopo, Caro Michele è un romanzo dai personaggi dispersi, divisi dall'incomunicabilità e destinati alla solitudine, e la scelta del genere epistolare suona provocatoria e simbolica.
Con la cronologia della vita e delle opere, la bibliografia essenziale e l'antologia della critica.
Ho una lista di libri da esplorare e ora che sono adulta li apprezzo anche, specialmente poi se mi catapultano in una specie di cineforum personale dove prima leggo il libro e poi il film. Inutile dire che anche in questo caso c'è un film di Monicelli con MAriangela Melato che vedrò al più presto.
Il libro è molto bello, anche se non proprio facile da leggere, lo Stile di NAtalia Ginzburg è colloquiale e familiare, lontano dall'italiano corretto e asettico che prediligo, ma uno stile molto personale, familiare, che la contraddistingue.
Alle lettere scritte a Michele o di Michele stesso si alternano piccole parti in prosa, per collocare meglio gli eventi. Michele non rivela mai niente di se, i suoi familiari ne hanno quasi un'idea distorta. Sono curiosa di vedere la trasposizione cinematografica, me ne sono fatta un'idea precisa e in qualche modo so che ne rimarrò delusa.
«Caro Michele»: il piú classico degli incipit epistolari è quello che Natalia Ginzburg sceglie come titolo del suo romanzo. Una madre già avanti negli anni ma ancora giovane e un figlio lontano fisicamente e ancor piú (e soprattutto) distante nelle idee, nelle esigenze, negli affetti e nei dolori. Un figlio per il quale la madre prova rancore, ma dal quale non riesce a staccarsi; e l'ultimo, irrescindibile cordone ombelicale è fatto di sole lettere.
Sorta di Lessico famigliare dieci anni dopo, Caro Michele è un romanzo dai personaggi dispersi, divisi dall'incomunicabilità e destinati alla solitudine, e la scelta del genere epistolare suona provocatoria e simbolica.
Con la cronologia della vita e delle opere, la bibliografia essenziale e l'antologia della critica.
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