A volte, la sera, mi perdo nel ricercare nuovi libri da leggere. Una sera ho cercato libri sull'Africa e più precisamente sul Kenya.
Fin'ora avevo letto solo libri scritti da bianchi, da europei. Avevo voglia di un libro sull'Africa scritto da un Africano. Ed Eccolo.
Mi si è presentato un libro diverso. Un'Africa diversa, un'Africa senza animali e senza mete turistiche. Un'Africa problematica, un'Africa divisa fra etnie. Il difficile cammino di un ragazzo keniota.
Kenya, 1978. Nell’anno della morte del presidente Kenyatta, il «padre della patria» di etnia kikuyu, Wainaina ha sette anni e nella mente «un milione di corridoi». Da qui prende il via questo memoir di formazione che procede per ricordi e metafore immaginifiche, in cui Binyavanga racconta la propria storia e insieme quella, ingarbugliata e violenta, del continente nero. La sua non è l’Africa ingorda degli affamati e delle multinazionali ma un’Africa che vuole trarre forza dalla diversità, e che Wainaina restituisce attraverso le proprietà magiche della parola: l’infanzia in Kenya, l’università in Sudafrica, i viaggi in Uganda e poi in Togo, gli scontri brutali tra etnie, le mode occidentali e i colori sgargianti, la confusione delle strade e dei mercati si alternano al tempo sospeso, segreto e provvidenziale della lettura. È nel cuore del romanzo, quando la sterminata e cosmopolita famiglia di Wainaina finalmente si riunisce assumendo le complesse sembianze dell’intero continente, che si attiva l’illuminazione: «Un giorno scriverò di questo posto».
Fra tutte le pagine che ho amato di questo libro questa che vi propino è la mia preferita. Non parla di Kenya, parla di lettura, di cosa è un romanzo. E io lo condivido pienamente perché sento che anche per me i libri sono così: storie mie che vivono nella mia testa.
Mi piacerebbe leggere altri libri di Wainaina, ma questo è il solo tradotto in Italiano, gli altri sono in Inglese.
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