Ho impiegato moltissimo tempo per terminare questo libro. L'ho letto per la scuola, ma a differenza di altri mi ha portato via moltissimo tempo. Ho scelto il momento sbagliato per leggerlo, un momento di estrema stanchezza che mi portava spesso ad addormentarmi solo dopo un paio di pagine.
E' un romanzo di formazione, molto bello, mi ha colpito in particolare l'suo della lingua italiana. Un Italiano oggi desueto, con molte parole cadute in disuso, parole evocative e in qualche modo pittoriche.
Una storia sospesa nel tempo fatta di immaginazione e di fortissimi sentimenti di un ragazzo cresciuto solo, senza alcun affetto, una storia che può essere accaduta in ogni tempo: ieri, oggi ma anche domani.
Rimane l'amaro in bocca, tuttosommato, perchè la letteratura italiana del secondo dopoguerra è sottovalutata, mai insegnata, a scapito di romanzieri scadenti oggi in vita, ma di discreto successo mediatico.
Stavolta lascio l'incipit, non la trama, tanto il web ne è pieno e potete trovarne a volontà...
Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome. Avevo presto imparato (fu lui,
mi sembra, il primo a informarmene), che Arturo è una stella: la luce
piú rapida e radiosa della figura di Boote, nel cielo boreale! E che
inoltre questo nome fu portato pure da un re dell'antichità, comandante a
una schiera di fedeli: i quali erano tutti eroi, come il loro re
stesso, e dal loro re trattati alla pari, come fratelli.
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