Questo libro è comparso nelle librerie in contemporanea alla morte di Amos Oz, anche se è stato pubblicato ad Ottobre 2018, e sono stata attratta dalla copertina, dal colore e dall'immagine. Di solito quando vengo attratta così fortemente da una copertina poi rimango delusa dal suo contenuto. E così è stato. Il libro contiene due racconti lunghi «Amore tardivo» che si svolge nella Tel Aviv degli anni settanta, mentre «Fino alla morte» è ambientato nel 1096 all'alba della prima crociata. Il primo racconto mi è anche interessato, parla di un vecchio conferenziere che si sposta da un kibbutz all'altro sostenmendo la minaccia bolscevica, ma ormai è vecchio e malato e lui stesso accetta il suo accantonamento. Il secondo invece mi è parso un pochino più macchinoso e difficile, la ricerca ossessiva dell'ebreo che fa andare tutto a rotoli si conclude in niente di fatto e mi ha fatto apparire la storia sospesa e senza senso. forse era proprio questo il senso, mamentre leggevo mi appariva tutto così difficile da capire e in qualche modo sospeso. Per questo il libro non mi è piaciuto. Proprio no. Quando ho la percezione di non comprendere e di perdere il filo allora rifiuto di netto le storie.
Grazie al cielo nel 1972 non ero ancora nata.Ma oggi nel 2019 questo ritaglio della Stampa che ho trovato su Facebook mi fa indignare. Come si può accettare uno slogan pubblicitario tale? Maschilista, sessista, che riduce la donna ad oggetto? Addirittura C O L P E V O L E della sua forma fisica? Ma che mondo è quello in cui una persona, non solo una donna deve sentirsi COLPEVOLE della sua forma fisica? Quanti danni avrà causato a suo tempo questo slogan? Quante donne si saranno sentite in difetto, manchevoli e colpevoli di una copla che non esisteva? Ho solo domande e nessuna risposta.
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