Desideravo fare l'insegnante fin da piccola ma ho capito che la cosa che volevo di più era fare l'insegnante alla scuola professionale, perché volevo far innamorare della lettura proprio chi non ne voleva sentir parlare.
Però insegnare al professionale non è facile, è spesso l'ultima spiaggia. Se non ti batti per loro, se non li aiuti in tutti i modi sai che dopo di te c'è la strada, il carcere.
Ho visto ragazzi crescere troppo in fretta per le colpe dei loro genitori, mantenere l'intera famiglia andando a lavorare la sera e sui banchi al giorno, perché il padre era finito in galera.
Ho visto cose degne di romanzi, non di vita vera.
Oggi siamo balzati anche sulla cronaca nazionale. Uno che non siamo riusciti a salvare è tragicamente morto mentre cercava di compiere una rapina. Non mi do pace. Avremmo potuto fare di più? Non siamo stati abbastanza tenaci?
Non lo so. Il dubbio mi tormenta.
Non faccio altro che immaginare il salto nel vuoto, la caduta.
Mi ricordo del ragazzino sorridente nei corridoi che è finito a fare il ladro. Quando si muore si diventa tutti dei santi, santo lui di certo non era, solo che mi fa pena sapere che la vita gli ha riservato così tanto male da morire durante una rapina.
Sto aspettando il secondo nome con apprensione. Non vorrei che fosse qualcuno con cui avevo più confidenza, qualcuno che avevo cercato di aiutare con più foga.
Troppo facile insegnare al liceo dove tutti diventano grandi medici e avvocati, dove raccogli solo successi. Credo che il più grande successo sia quello di aver salvato dalla malavita qualcuno dandogli degli strumenti, però quanti fallimenti su questa via! Quanti dolori! Quante incertezze.
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