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Paola Calvetti, Gli Innocenti


Ho comprato questo libro il giorno dopo la sua uscita. L'ho aspettato, l'ho desiderato e me lo sono comprato di carta, perchè quando un autore mi piace lo desidero di carta, con tanto di sovracoperta e copertina rigida.

Ho letto solo due libri di Paola Calvetti, ma sapevo che non mi avrebbe delusa. E così è stato, anzi il libro è stato nettamente al di sopra delle mie aspettative.
E' un libello agevole, di poche pagine, meno di 150, il formato che prediligo (credo sia possibile esprimere tutto un mondo con poche parole). 

Ho amato davvero molto i protagonisti: Dasha e Jacopo. Sono entrambi feriti dalla vita, lui orfano esposto e lei giovane ragazza albanese immigrata clandestinamente e poi tornata in Albania per diventare quello che voleva essere. Ho letto in loro molte sfaccettature di persone e storie che conosco, anzi loro due le incarnano e le riassumono creando una nuova storia.
E' questo il motivo del mio alto gradimento. Questo romanzo parla di qualcosa che conosco, ma di cui non so la conclusione, ma qui la scrittrice ne propone una e per me funziona come catarsi Aristotelica. Aristotele intende la tragedia quale mimesi, imitazione, della realtà, e con la catarsi ne sottolinea l'effetto di purificare, sollevare e rasserenare l'animo dello spettatore da tali passioni, permettendogli di riviverle intensamente allo stato sentimentale e quindi di liberarsene.
Non è questo che cerchiamo con la lettura? Non cerchiamo sia consolazione che catarsi? 
Io sì.

LA verosimiglianza è curata nel dettaglio, può essere tutto vero come no, insorge spesso questo dubbio, un po' come quando leggi Umberto Eco. Forse anche questa capacità di evocare il verosimile in maniera così corretta me la fa piacere oltremisura come scrittrice.

Credo che la massima esaltazione della lettura di questo romanzo sia con un sottofondo musicale appropriato. La musica evoca ricordi profondi, dissotterra grandi emozioni.

Trama:

Forse non si arriva a capire la natura della musica finché non si conosce la natura dell'amore, se mai ne esiste una.

Jacopo e Dasha, due voci smarrite sullo spartito della vita, sono in scena per il Doppio concerto per violino e violoncello di Brahms che, pagina dopo pagina, è l'occasione per rivivere – in un serrato e immaginifico dialogo – i passi della loro storia d'amore. Dopo una lunga assenza, Jacopo torna a Firenze, all'Istituto degli Innocenti, il luogo eletto che lo ha accolto quando venne abbandonato da una madre rimasta nell'ombra, la cui identità è diventata negli anni la sua claustrofobica ossessione. «Come posso scoprire la mia storia se non so da dove vengo?» si chiede. Adottato da una famiglia troppo fragile e gravato di aspettative insostenibili, Jacopo è stato privato della spensieratezza dell'infanzia. A salvarlo è stato un piccolo violino, l'àncora alla quale assicurare i desideri e i sogni. Perché, se la felicità è un talento, Jacopo riesce ad avvicinarla solo stringendo fra le braccia lo strumento. Ma non sempre l'amore salva. Non se nell'amore pulsano, insistenti, vecchie ferite. Dasha, nata in un piccolo paese in Albania, è cresciuta circondata da un amore che Jacopo non conosce. Grazie a un padre devoto e illuminato, ha potuto frequentare il Conservatorio di Tirana, dove ha incontrato il violoncello, destinato a diventare il suo unico amico. Fuggita dal porto di Durazzo, sola con il suo strumento, dopo la rovinosa caduta del regime, è sbarcata a Brindisi il 7 marzo del 1991, insieme a migliaia di profughi. Anche le sue radici sono state recise, ma la musica ha compiuto il miracolo di preservare dal dolore il suo animo delicato e forte. Eppure nemmeno Dasha, che ora suona di nuovo accanto a lui, è riuscita a distogliere Jacopo dalla ricerca di un passato che ha il potere di avvelenare il presente, rendendo orfani i due amanti di un futuro possibile. Dove ad aspettarli, forse, c'è un bambino. Nel corso dell'esecuzione del Doppio di Brahms accadrà qualcosa di totalmente imprevisto. La musica si fa eco dell'amore e di una sconvolgente rivelazione, cui non può seguire altro se non un silenzio colmo di incanto, lo stesso che resta nel cuore del lettore.



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