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Henri de Toulouse-Lautrec, Ballo al Mouline Rouge




Henri de Toulouse-Lautrec è un pittore che mi ha da sempre affascinata. Adoro le sue atmosfere, adoro i suoi quadri evocatori di una società dedita al divertimento e al lusso che non c'è più e si può solo vagheggiare oggi come oggi. Ma mi piace anche la tristezza che Henri imprime alle sue opere, la malinconia che sta sempre dietro a qualcosa di ostentato.

Henri dipinge Montmartre con i suoi cabaret, i suoi caffè concerto, i suoi singolari paradisi a pagamento, il circo e i suoi originali personaggi, nella Parigi di fine Ottocento, Montmartre è un quartiere vario ed eterogeneo dove si mescolavano parecchie classi di attività e trovavano modo di esprimersi culture e ceti sociali molto diversi fra di loro.
L'allora appena fondato Moulin Rouge è visto dal pittore in chiave quasi caricaturale, colto in un momento di frequentazione da parte della società parigina. Diversi personaggi interagiscono tra loro, si affollano al bancone del bar, discutono e osservano le ballerine.
Grazie alla linea pittorica che guida l'occhio verso i personaggi in secondo piano tramite un'abile disposizione degli elementi sulla tela, si intravedono un uomo con la faccia da teschio e la ballerina Jane Avril. Dinanzi a loro, Valentin-le-Désossé, famoso viveur dell'epoca, si cimenta in una danza con un'altra anonima ballerina.



E che dire delle gambe dei personaggi che affollano i quadri di Henri? Sempre perfette, sempre in primo piano. Quelle gambe che lui non aveva sviluppate, quelle gambe che tanto gli mancavano, ma la sua disabilità non gli ha comunque impedito di diventare un grande e famoso pittore, e soprattutto non gli hanno impedito di avere successo con le donne, di frequentare sale da ballo, locali e naturalmente bordelli dai quale trae spunto per le sue opere. Le sue frequentazioni abituali lo portarono ad elaborare dei personaggi tipizzati, semplificando le caratteristiche di ciascuno e creando, così, una sorta di personale bestiario umano che si può cogliere nelle sue opere.
Ma questa sua "deformità" lo portò a periodi di depressione curati, ovviamente, con eccessivo consumo di alcol.

Gran parte del suo fascino risiede nella sua vita maledetta, una vita affascinante, tesa a superare i propri limiti. Di nobile famiglia, apparteneva ad uno dei più antichi casati francesi, scelse di vivere tra i poveri e i diseredati, forse per un sentimento di solidarietà nei confronti di un mondo segnato da un analogo destino beffardo. Henri in quei luoghi, e proprio grazie al suo status, impersonò la figura del dandy di fine secolo: fu da ricco dandy che scelse Montmartre come sua residenza, fu lo spirito del dandy ad attrarlo verso l’indigenza più cupa e a farlo godere dell’ebrezza delle folle e delle feste notturne, tra le quali si aggirava vestendo i panni eleganti del raffinato aristocratico. Aperto alle suggestioni culturali più diverse, quali l’arte giapponese, Henri fu uomo del suo tempo nel suo tempo, che seppe interpretare superando il naturalismo impressionista e pervenendo, così, ad una nuova e più profonda percezione della realtà.

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