Molte volte nella mia vita mi sono chiesta cosa significasse davvero essere adulti e soprattutto come capivi di esserlo diventato. Un marito, una casa a cui badare e anche dei figli non ti fanno diventare necessariamente adulto. Puoi anche continuare ad essere e a sentirti un ragazzo. O almeno per me è successo questo. Quando mi sono sentita veramente adulta?
Quando la gente intorno a me ha iniziato a morire con una frequenza allarmante.
Quando coloro che hanno fatto parte della mia infanzia se ne sono andati in massa.
Quando ho perso un amico.
Quando mi sono resa conto che la generazione dei miei nonni è quasi del tutto cancellata, tranne qualche baluardo.
Quando anche la generazione dei miei genitori si sta erodendo.... E ahimé anche la mia.
Ma anche quando il tempo dei matrimoni è finito e anche il tempo delle visite nel reparto maternità. Capisco di essere adulta quando vedo mia figlia... Ormai così grande che non me ne sono nemmeno accorta. Mi pare ieri l'altro quando la stringevo per la prima volta fra le braccia.
Mi sono resa conto di essere adulta quando ho visto le foto dei miei studenti nel loro giorno delle loro nozze o quando incontro le miei studentesse con una bella pancina tonda o addirittura mentre spingono un passeggino.
Oggi sono un po' così perché un altro pezzo della mia infanzia se n'è andato.
Un'altra persona che non c'è più.
Questa volta non ho versato lacrime, è come se non ce ne fossero più dopo la morte di Ale.
Ogni giorno vedo il cartello incollato al muro che mi ricorda che Ale non c'è più, e ogni giorno mi indurisce il cuore.
E oggi ci risiamo di nuovo.
Anche mia figlia è stata scossa da questa morte, ma far digerire la morte a un bambino è più facile. Come ogni vta che muore qualcuno le racconto sempre la solita storia: Gesù aveva bisogno di Lei in paradiso, voleva divertirsi con i suoi burattini e l'ha chiamata al suo fianco. Dobbiamo essere felici e non tristi perchè oggi è tornata alla casa del Padre e quindi ê un momento di felicità.
Lei ne è convinta e questo mi basta.
Quando la gente intorno a me ha iniziato a morire con una frequenza allarmante.
Quando coloro che hanno fatto parte della mia infanzia se ne sono andati in massa.
Quando ho perso un amico.
Quando mi sono resa conto che la generazione dei miei nonni è quasi del tutto cancellata, tranne qualche baluardo.
Quando anche la generazione dei miei genitori si sta erodendo.... E ahimé anche la mia.
Ma anche quando il tempo dei matrimoni è finito e anche il tempo delle visite nel reparto maternità. Capisco di essere adulta quando vedo mia figlia... Ormai così grande che non me ne sono nemmeno accorta. Mi pare ieri l'altro quando la stringevo per la prima volta fra le braccia.
Mi sono resa conto di essere adulta quando ho visto le foto dei miei studenti nel loro giorno delle loro nozze o quando incontro le miei studentesse con una bella pancina tonda o addirittura mentre spingono un passeggino.
Oggi sono un po' così perché un altro pezzo della mia infanzia se n'è andato.
Un'altra persona che non c'è più.
Questa volta non ho versato lacrime, è come se non ce ne fossero più dopo la morte di Ale.
Ogni giorno vedo il cartello incollato al muro che mi ricorda che Ale non c'è più, e ogni giorno mi indurisce il cuore.
E oggi ci risiamo di nuovo.
Anche mia figlia è stata scossa da questa morte, ma far digerire la morte a un bambino è più facile. Come ogni vta che muore qualcuno le racconto sempre la solita storia: Gesù aveva bisogno di Lei in paradiso, voleva divertirsi con i suoi burattini e l'ha chiamata al suo fianco. Dobbiamo essere felici e non tristi perchè oggi è tornata alla casa del Padre e quindi ê un momento di felicità.
Lei ne è convinta e questo mi basta.
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